Biografia


Nel profilo è stata già inserita una biografia sintetica di Enzo Giudici.
Aggiungiamo in questa pagina una informazione più ampia e, soprattutto, più autorevole, rendendo  omaggio ad un tempo al maestro, Enzo Giudici, e all'allievo ed amico, Antonio Possenti, anch'egli prematuramente scomparso.

Pubblichiamo, perciò, la Prefazione che Antonio Possenti scrisse, sotto forma di commemorazione biografica,  per il volume redatto da autori vari in memoria di Enzo Giudici, dal titolo "Il tema della fortuna nella letteratura francese e italiana del Rinascimento", pubblicato da Leo S. Holshki Editore - Firenze - 1990.


COMITATO D'ONORE

Componenti Comitato d'onore - pag. 2
Componenti Comitato d'onore - pag.1
E' opportuno precisare, in proposito, che il volume è stato curato da un Comitato d'Onore di tutto rispetto (i cui componenti sono menzionati in apertura alla prefazione, che pure qui si riporta), a riprova ulteriore della traccia profonda lasciata da Enzo Giudici nel mondo della cultura e della francesistica in particolare.







TRASCRIZIONE DELLA COMPOSIZIONE DEL COMITATO D'ONORE

Il volume è posto sotto l'alto patronato di un COMITATO D'ONORE formato da eminenti personalità del mondo universitario italiano e francese:


ORAZIO BIANCO           Preside della Facoltà di Magistero dell'Università di Lecce
JEAN CEARD                 Presidente della « Société Française des Seiziémistes »
ALAIN DUFOUR              Direttore della « Librairie Droz » di Ginevra
GIOVANNI FERRETTI      Rettore dell'Università degli Studi di Macerata
ROBERT GARAPON         Presidente della « Association Internationale des Études  Françaises »
JACQUES GOUDET         Presidente dell'Università « Jean Moulin » di Lione
MADELEINE LAZARD      Presidente della « Société  Française des Seizié­mistes »
ACHILLE MANCO           Preside della Facoltà di Magistero dell'Università di Salerno
MARIO MATUCCI          Presidente della « Società Universitaria per gli studi di Lingua e Letteratura Francese»
CLAUDE MONIDESERT   Presidente dell'« Académie » di Lione
MICHEL LATARJET         già Presidente dell'« Académie » di Lione
RENÉ POMEAU              Presidente della « Société d'Histoire littéraire de l'Institut de la France »
AURELIO RONCAGLIA   Direttore del Dipartimento di Studi romanzi dell'Università di Roma
JEAN SGARD                Presidente della « Société d'études du XVIIIe siècle »
GIOVANNI VITUCCI     Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Roma
HENRI WEBER             Presidente dell'Associazione « Renaissance Humanisme Réforme »

La realizzazione pratica del volume è stata curata da un COMITATO PROMOTORE formato dai Professori:
ENEA BALMAS, dell'Università di Milano
ANTONIO POSSENTI, dell'Università di Macerata
GUIDO SABA, dell'Università di Roma"

PREFAZIONE  AL  LIBRO A CURA DI ANTONIO POSSENTI
   RICORDO DI ENZO GIUDICI

« L'amore e il dolore sono entrambi infiniti e nessuno dei due può annullare l'altro », mi scriveva Enzo Giudici in una sua lettera da Parigi del 22 dicembre 1980, in un momento in cui era particolarmente accorato.
Prefazione - pag. 1
 Queste sue parole mi sono riandate con insistenza alla mente dal giorno in cui l'ho perduto per sempre: il 3 ottobre 1985.
La nostra amicizia era ventennale, giacché era nata negli oramai lontani anni Sessanta, allorché ero ancora studente all'Istituto Universitario Orientale di Napoli, ov'Egli si approssimava a divenire cattedratico.
Aveva allora un carattere bonario e ilare, malgrado le improvvise e celebri terribili collere che tuttavia si smorzavano rapidamente, perché Enzo Giudici era uomo dalla generosità infinita e sempre pronta ad aiutare gli altri con slancio nei momenti difficili. Inoltre era da ammirarsi in Lui la dirittura morale e il senso della verità, di quella verità che ebbe il coraggio di non tacere mai ad alcuno a costo di pagare di persona e a caro prezzo e questo pregio fa di Lui una personalità unica e irripetibile nel difficile ambiente universitario.

Pur tuttavia il suo carattere gioioso e combattivo aveva subìto negli ultimi tempi un mutamento, ché vi si era insinuata una venatura di amarezza e un ricorrente presagio di morte, ch'Egli insistentemente con­fidava solo agli intimi, increduli, e che si rivela in modo evidente nel sonetto che è stato ritrovato nel suo portafoglio e che mi piace riportare: 
                      
Prefazione - pag. 2
                        Nessun ricordo più, nessun rimpianto
                        fiorirà nel deserto del mio cuore,
                        in pietra s'è cangiato ogni dolore,
                        in tenebra s'è spento ogni mio canto.
                        E tu che mula ti scioglievi in pianto
                        quanto affannata più eri d'amore,
                        quanto più ti struggevi di languore
                        nel desiderio che sofferto hai tanto,
                        non sentirai più nulla, anima mia,
                        né più l'eterno bramerai riposo,
                        stanca e affranta dalla lunga via
                        ché dell'antico affanno e dell'annoso tormento
                        tutto eternamente oblia
                        chi dell'ignuda terra è freddo sposo.
Era nato a Mussomeli in provincia di Caltanissetta il 24 settembre 1920 da un'antica e nobile famiglia, divenuta ancor più illustre per gli studiosi che ne facevano parte: il prozio paterno era il critico letterario Paolo Emiliani Giudici e il padre, Paolo Giudici, era romanziere, saggista e arabista.
La sua carriera universitaria aveva avuto inizio quale lettore d'Italiano alla Facoltà di Lettere dell'Università di Tolosa (1957-1962). Rientrato poi in Italia, era stato incaricato della cattedra di lingua e letteratura francese nell'Università di Lecce, nell'Istituto Universitario di Salerno e nell'Istituto Universitario Orientale di Napoli (1962-1965).
Straordinario di lingua e letteratura francese nell'Istituto Universitario Orientale dal 1° gennaio 1966 e poi ordinario presso il medesimo Istituto dal 1° gennaio 1969 al 31 ottobre 1971, era stato poi chiamato alla Facoltà di Lettere dell'Università di Macerata e dal 1° novembre 1982 alla seconda Università di Roma.
Difficile è illustrare succintamente la figura di questo studioso il cui sapere profondo non si era appuntato al solo campo degli studi francesi, bensì anche alla letteratura italiana, alla filosofia, alla scacchistica.
Scrittore raffinato, dotato di uno stile elegante, che diveniva mordente nelle sue polemiche appassionate, ha lasciato anche numerosi inediti: scritti di varia filosofia, commedie e drammi e poesie.
Prefazione - pag. 3
Pur tuttavia, per ragioni professionali, le sue numerosissime pub­blicazioni si erano soprattutto incentrate sul campo della francesistica, ove ha spaziato in tutti i secoli della letteratura d'Oltralpe: dagli studi occitanici al teatro settecentesco ( non si può non ricordare, al riguardo, almeno il poderoso volume Beaumarchaís nel suo e nel nostro tempo: Le Barbier de Séville, Roma, Edizioni dell'Ateneo, 1964), dall'École
Lyonnaise, che è stata il suo cavallo di battaglia, alla letteratura contemporanea (basti menzionare il volume di saggi Le statue di sale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1965).
Ma - come dicevo poc'anzi - il suo nome resta indissolubilmente legato alle esegesi sul Rinascimento francese e soprattutto alla cultura che fiorì nella Lione del tempo.
Infatti, in virtù dei suoi eccezionali meriti di studioso accanito e di instancabile indagatore di uno dei momenti più avvincenti della cultura di Francia, l'Académie Lyonnaise, che già da lunghi anni lo aveva eletto tra i suoi Membri, gli aveva con ferito di recente il suo Prix d'Honneur e il Comune di Lione una medaglia quale riconoscimento per aver contribuito con le sue opere a rendere ancor più alto il prestigio della città di Scève e di Louise Labé.
Di tali opere rimangono fondamentali il denso studio Louise Labé e l'École Lyonnaise. Studi e ricerche con documenti inediti (Napoli, Liquori, 1964; ora riedito anastaticamente di Slatkine Reprints di Ginevra) e i due poderosi volumi su Maurice Scève, che costituiscono il passaggio d'obbligo per chiunque voglia accostarsi scientificamente al più grande poeta della Rinascenza lionese.
Il primo, Maurice Scève, poeta della « Délie »: la struttura e la genesi esteriore del poema, era apparso a Roma nel 1965 per i tipi delle edizioni dell'Ateneo: lo studioso vi aveva attentamente e minuziosamente indagato il simbolismo del Canzoniere soprattutto attraverso gli Emblemi e le loro relazioni estrinseche con i dizains.
Nel secondo, dal medesimo titolo, ma recante il sottotitolo La genesi interiore e lo spirito del poema (pubblicato nel 1969 dall'editore Liquori di Napoli), il Giudici aveva invece approfondito il lungo itinerario poetico di Scève fino all'ascesi platonica congiunta al tormento petrarchesco.
Da questi due volumi, che si fondano su di una serissima impostazione storica e filologica, si sprigiona anche l'interpretazione di un critico finissimo e quantomai penetrante e attento.
Quest'opera - alla cui intensità è bene anche accostare il ricchissimo volume Spiritualismo e Carnascialismo nella Francia del Cinquecento, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1968 - è rimasta purtroppo incompiuta per la scomparsa dell'Autore.
Egli, infatti, ha lasciato inedito un terzo, e forse non ultimo, volume della sua fatica titanica.
Prefazione - pag. 4
Di questo terzo volume è apparsa soltanto una minima parte del primo capitolo intitolato L'oscurità della Délie, in Acta Philologica, t. VI, Roma Soc. Accademica Daco-Romana, 1976, pp. 163-178, mentre il primo paragrafo e il sesto del terzo capitolo (Temi e immagini del mondo deliano) sono stati editi nel volume, dedicato alla Sua memoria, degli Annali della Facoltà di Lettere dell'Università di Macerata con il titolo L'orditura tematico-stilistica della « Délie » di Maurice Scève e l'importanza delle antitesi nel poema.
Ma i solidi studi sul Rinascimento lionese non si sono interrotti alla pubblicazione del secondo volume sceviano: ché nel 1976 era apparsa l'edizione critica del Microcosme, nel cui apparato critico Enzo Giudici ha forse raggiunto la guglia più alta della sua erudizione in tutti i campi del sapere; nel 1978, il saggio su La deplourable fin de Flamete (Cassino, Garigliano), ove lo specialista aveva individuato nella fatica giovanile del poeta gli sprazzi della grande lirica futura, e nel 1981 le Œuvres complètes di Louise Labé (Genève, Droz) affiancate dal saggio Louise Labé (Roma, Edizioni dell'Ateneo).
Questo per sommi capi l'itinerario degli studi rinascimentali, ché molti titoli rilevanti ho dovuto tralasciare per limiti di spazio. Figura di studioso dalla tempra e dalla solidità di un tempo non più nostro, di Enzo Giudici vanno pur annoverati almeno i suggestivi studi d'Italianistica: da Capuana a Cardarelli, da Neera a Quasimodo e al romanzo contemporaneo.
E va anche ricordato il grande bibliofilo ch'Egli è stato: la sua collezione costituiva una delle biblioteche private più importanti di Roma: più di ventimila volumi. Oltre che un grandissimo studioso era infatti un appassionato ricercatore di opere rare e aveva un particolare fiuto e una particolare competenza.
Lo rivedo a Parigi nel lontano 1966: io cercavo per i miei studi su Hélisenne de Crenne La roman sentimental avant l'Astrée di Gustave Reynier, che, all'epoca, non era stato ancora ristampato, ed egli mi trovò immediatamente l'edizione originale del 1908. Poi si mise per Lui alla ricerca di un'edizione rarissima e pressoché introvabile di un'opera dell'Ottocento francese: i suoi sforzi mi sembravano vani tanto questa ricerca si complicava sempre di più, ma, allorché mi recai a salutarLo alla Gare de Lyon al treno che doveva ricondurLo in Italia, Egli mi annunciò il nome del libraio presso il quale dovevo recarmi il giorno seguente a ritirare il volume che avevo creduto introvabile.

Prefazione - pag. 5
Sì, Lo rivedo ancora vicino a quel treno con il suo cappotto verlainien - trascurava l'abbigliamento al quale non attribuiva alcuna importanza - con le tasche straripanti di bouquins che aveva trovato. Ne estraeva uno di tanto in tanto e lo sfogliava soddisfatto, con le sue mani grassocce ma dalle dita affusolate, che avevano tanto scritto per la gioia dei veri sapienti.
E amo pensarlo ancor lì che parte per un lungo viaggio da cui dovrà pur ritornare un giorno o l'altro, proprio ora ch'Egli è andato troppo lontano verso la luce e la verità che aveva tanto cercato, sulle rotaie della scienza.
ANTONIO POSSENTI