venerdì 25 novembre 2011

Metodologia della critica sistematica

Pensare storicamente
secondo Enzo Giudici
Per poter comprendere meglio l'opera di Enzo Giudici ed i motivi della sua originalità, è importante fare chiarezza sul suo metodo di lavoro, che è poi la conseguenza del suo modo di pensare e di agire, tanto come uomo quanto come studioso.
Per questo riportiamo qui alcune pagine tratte dalle sue Memorie in cui egli, dopo una breve elencazione  di quelle che sono, a suo parere, le varie tipologie di critica esistenti (ovvero dei vari metodi che si possono usare per elaborare una critica), spiega le caratteristiche del metodo utilizzato da lui stesso, vale a dire quello della "critica sistematica". In particolare egli ne sottolinea la peculiarità di metodologia scientifica, perché basata sull'esame di tutte le possibili fonti, anche di quelle relative al contesto. Secondo questa prospettiva, è proprio la ricchezza di informazioni - vagliata, verificata e sintetizzata dal critico - che costituisce la base per l'autorevolezza dei risultati. 

La sua esposizione, attraverso la quale egli definisce in modo scientifico il significato che attribuisce al termine di critica sistematica, è anche una risposta indiretta a quanti (non molti, peraltro) accusavano i suoi  lavori di prolissità. 

"…di critiche ce ne posson esser parecchie: la storica e l'estetica, l'erudita e l'impressionista, la stilistica e la strutturalistica. Ce ne sono, anzi, tante quanti sono i critici e gli studiosi. E perciò ci può esser chi legge soltanto e chi va in cerca di paragoni e raffronti, chi crocianamente svaluta le fonti e chi postcrocianamente le rivaluta, chi vuol dir tutto e chi vuol solo indicare spunti e direzioni, chi si preoccupa di quanto detto dagli altri e chi gode di farne a meno. Ognuno di questi (e altri) metodi può essere buono, nessuno di essi esclude l'altro. Ma se vogliamo, di un autore, di un'opera, di un fenomeno, fare uno studio sistematico ed esaustivo, allora il metodo non può esser che uno: non già quello impressionistico ed estetico, ma un metodo rigorosamente completo, che esamini l'oggetto in ogni sua parte e sotto ogni aspetto e ne dia una valutazione il più scientifica possibile. Ora, questo carattere scientifico non è qualcosa di personale e di immediato, che nasca come un fungo da una lettura sia pur meditata ed attenta. Esso è, al contrario, il frutto di tutto un lavorio iniziatosi, quasi sempre, assai prima di noi. Esaminando un autore o un'opera o un momento storico, noi abbiamo il dovere - se, ripeto, vogliamo far qualcosa di sistematico e di esauriente - di conoscere tutto ciò che è stato detto e indagato prima di noi, abbiamo il dovere di capirne la genesi, di vagliarlo, di raffrontarlo, di ricostruirlo storicamente. E questo, proprio perché la nostra valutazione non può porsi che come la continuazione e, provvisoriamente, la conclusione di tutto questo lavorio.  

Pensare storicamente, porsi al termine di tutto un ragionato e ricostruito cammino: ecco il solo metodo di chiunque voglia dare non uno sparso e parziale contributo, ma una precisa e completa sistemazione. In quest'ordine di idee, le citazioni altrui non sono un lusso, non sono una digressione, sono una necessità pura e semplice. Esse costituiscono - se bene scelte e coordinate - la trama dei precedenti studi dalla cui critica e dalla cui valutazione scaturisce il nostro. E non ci si dica, come ha sempre fatto il collega Macchia tutte le volte che gli abbiamo espresso le nostre idee, che la cultura, la conoscenza del precedente lavorio, dev'essere sottintesa e bruciata. Sottintendendo e bruciando (tutte cose possibili e utilissime, ma non in una trattazione sistematica), si finisce col non dir nulla e coll'esteriorizzare ogni cosa. Un conto è, per esempio, che in un lavoro sistematico su Dante io abbia conoscenza delle varie teorie, interpretazioni etc., pur limitandomi a esporre le mie; e un altro, un ben altro conto, è che io allinei storicamente quelle interpretazioni, ne ricostruisca e ne spieghi la genesi, ripercorra il cammino da esse consapevolmente o inconsapevolmente segnato e in questa nuova sintesi che tutto illumina, in questa discussione che raccoglie tante fila trovi, quasi spontaneamente, una conclusione e un risultato. La prima, rispettabilissima, forma di critica sarà anche intelligente e utile, ma rimarrà un contributo, un singolo pezzo di mosaico. destinato fatalmente a essere inglobato (e reso consapevole) nell'altra. La quale altra non necessariamente dev'essere solo il meccanico e automatico risultato di una serie di componenti, ma può benissimo contenere anche elementi di per sé nuovi, intuizioni affatto originali e ricerche del tutto personali. Ma tutto sarà tanto più nuovo, originale e personale quanto più scaturirà da un esame sistematico di tutta la questione, da un pensiero storico che segni l'indispensabile continuità fra passato e futuro. L'esame di questa continuità, anzi, non può non essere, di per sé, un apporto originalissimo."

Tratto da Memorie e pensieri di un cattedratico: lettera aperta ad Aurelio Roncaglia – Roma: G. Volpe, stampa 1974, pagg 30-33

Nessun commento: