Pensare storicamente
secondo Enzo GiudiciPer poter comprendere meglio l'opera di Enzo Giudici ed i motivi della sua originalità, è importante fare chiarezza sul suo metodo di lavoro, che è poi la conseguenza del suo modo di pensare e di agire, tanto come uomo quanto come studioso.
Per questo riportiamo qui alcune pagine tratte dalle sue Memorie in cui egli, dopo una breve elencazione di quelle che sono, a suo parere, le varie tipologie di critica esistenti (ovvero dei vari metodi che si possono usare per elaborare una critica), spiega le caratteristiche del metodo utilizzato da lui stesso, vale a dire quello della "critica sistematica". In particolare egli ne sottolinea la peculiarità di metodologia scientifica, perché basata sull'esame di tutte le possibili fonti, anche di quelle relative al contesto. Secondo questa prospettiva, è proprio la ricchezza di informazioni - vagliata, verificata e sintetizzata dal critico - che costituisce la base per l'autorevolezza dei risultati.
La sua esposizione, attraverso la quale egli definisce in modo scientifico il significato che attribuisce al termine di critica sistematica, è anche una risposta indiretta a quanti (non molti, peraltro) accusavano i suoi lavori di prolissità.


Pensare storicamente, porsi al termine di tutto un ragionato e ricostruito cammino: ecco il solo metodo di chiunque voglia dare non uno sparso e parziale contributo, ma una precisa e completa sistemazione. In quest'ordine di idee, le citazioni altrui non sono un lusso, non sono una digressione, sono una necessità pura e semplice. Esse costituiscono - se bene scelte e coordinate - la trama dei precedenti studi dalla cui critica e dalla cui valutazione scaturisce il nostro. E non ci si dica, come ha sempre fatto il collega Macchia tutte le volte che gli abbiamo espresso le nostre idee, che la cultura, la conoscenza del precedente lavorio, dev'essere sottintesa e bruciata. Sottintendendo e bruciando (tutte cose possibili e utilissime, ma non in una trattazione sistematica), si finisce col non dir nulla e coll'esteriorizzare ogni cosa. Un conto è, per esempio, che in un lavoro sistematico su Dante io abbia conoscenza delle varie teorie, interpretazioni etc., pur limitandomi a esporre le mie; e un altro, un ben altro conto, è che io allinei storicamente quelle interpretazioni, ne ricostruisca e ne spieghi la genesi, ripercorra il cammino da esse consapevolmente o inconsapevolmente segnato e in questa nuova sintesi che tutto illumina, in questa discussione che raccoglie tante fila trovi, quasi spontaneamente, una conclusione e un risultato. La prima, rispettabilissima, forma di critica sarà anche intelligente e utile, ma rimarrà un contributo, un singolo pezzo di mosaico. destinato fatalmente a essere inglobato (e reso consapevole) nell'altra. La quale altra non necessariamente dev'essere solo il meccanico e automatico risultato di una serie di componenti, ma può benissimo contenere anche elementi di per sé nuovi, intuizioni affatto originali e ricerche del tutto personali. Ma tutto sarà tanto più nuovo, originale e personale quanto più scaturirà da un esame sistematico di tutta la questione, da un pensiero storico che segni l'indispensabile continuità fra passato e futuro. L'esame di questa continuità, anzi, non può non essere, di per sé, un apporto originalissimo."
Tratto da Memorie e pensieri di un cattedratico: lettera aperta ad Aurelio Roncaglia – Roma: G. Volpe, stampa 1974, pagg 30-33
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